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La Drammaterapia2019-09-09T13:48:54+00:00

Cos’è la Drammaterapia

La Drammaterapia rientra nell’ampio settore delle Arti-terapie, discipline che utilizzano diverse forme d’arte (musica, teatro, danza, arte) come strumenti di mediazione nella relazione d’aiuto. E’ una forma di  psicoterapia basata su una metodologia attiva ed esperienziale. La creatività è lo strumento principale su cui fare leva per entrare in contatto con il proprio mondo emozionale e affrontare conflitti e difficoltà. Poichè la natura umana è un processo dinamico e creativo quando si irrigidisce in ruoli, modalità comunicative e/o relazionali ripetitive e coatte si genera uno stato di malessere; la persona si chiude in ‘pattern’, schemi (comportamentali e mentali) eccessivamente fissi, rigidi e immodificabili; in maschere sociali e modalità interattive stereotipate.

L’accento viene dato all’azione, all’aspetto corporeo ed emozionale, alla comunicazione non verbale e agli aspetti simbolici del movimento e del linguaggio. Come afferma S. Pitruzzella (Direttore della Scuola di Drammaterapia di Lecco): “Ciò che di meglio hanno da offrire le terapie a mediazione artistica è la possibilità di una guarigione che prescinde dalla verbalità e dalle abilità cognitive”.

La Drammaterapia mira al raggiungimento e allo sviluppo di un benessere fisico, psichico e sociale; rappresenta un valido strumento tanto in percorsi individuali che di gruppo – rivolti a bambini o adulti – e in differenti ambiti di intervento: nella terapia, nella prevenzione del disagio psichico e sociale; in ambito educativo e formativo; nella prevenzione e contrasto all’emarginazione sociale. In percorsi di crescita personale si caratterizza come una ricerca, esplorazione e recupero delle potenzialità presenti nel soggetto, delle sue capacità creative e transformative: un viaggio dentro di sé alla scoperta delle proprie capacità espressive e della propria identità.
Essa si presta a interventi in cui può fungere da ausilio nel procedere delle diverse fasi della vita; in situazioni in cui il soggetto si trova bloccato in una fase e necessita di strumenti per poter passare a quella successiva; per affrontare situazioni di malessere circoscritte a tematiche particolari e problematiche connesse all’identità in tutte le sue sfaccettature.

L’idea di base è che la persona sia intrinsecamente “drammatica”, cioè legata all’azione; le prime manifestazioni dell’attività rappresentativa si hanno già nella prima infanzia (gioco simbolico). Mediante l’’attività drammatica’, simulazioni e improvvisazioni si possono proiettare parti di sé (bisogni, fantasie, ricordi, desideri, paure) sugli altri e su ‘ruoli , personaggi reali o immaginari; la vita interna, e spesso inconsapevole, può manifestarsi e diventare oggetto di auto-osservazione.

Attraverso la finzione, il fare ‘come se’ si contattano emozioni, ricordi, pensieri e fantasie; si sperimentano nuove modalità espressive, comunicative, relazionali; si adottano punti di vista alternativi e strategie più adatte alla risoluzione di problemi. Ciò che viene attuato e vissuto sul piano simbolico da una ‘distanza protetta’ può essere man mano trasferito alla propria realtà quotidiana per migliorare la propria qualità di vita e salvaguardare il benessere psicofisico. Il ‘setting’ di Drammaterapia diventa ‘palestra’ per l’acquisizione di nuovi apprendimenti.

A differenza di altre forme teatrali non esiste un copione da seguire nè performance finali; non sono richieste competenze attoriali : la creazione di scene e rappresentazioni è frutto dell’inventiva delle persone che prendono parte al percorso e scaturiscono anche da situazoni improvvisate.

Identità in divenire

Come il Counseling Biosistemico e la Psicomotricità la Drammaterapia fa riferimento ad un approccio olistico che prende in considerazione la globalità dell’individuo nelle sue componenti emozionali, corporee e mentali. La rappresentazione drammatica avviene mediante il corpo, la gestualità, la mimica e a la voce affinchè “il corpo possa parlare e la parola incarnarsi”(F.Perls) . Il corpo è contemporaneamente palcoscenico della realtà interiore e della realtà sociale: è il punto di contatto in cui tali dimensioni e i loro intrecci (conflitti, resistenze, creatività) si manifestano.
Si fa riferimento al concetto di ‘autosviluppo’, ‘autorealizzazione’ e responsabilità (della Psicologia umanista ed esistenzialista). Viene dato ampio spazio alla possibilità di esprimere emozioni rimosse per giungere a un processo di autoriflessione e autoconsapevolezza; per potenziare risorse già presenti, migliorare le capacità di auto-osservazione e modificare l’immagine di sé. Si può giungere così a un potenziamento delle capacità dell’Io di vivere le emozioni come risorse e forze propulsive anziché subirle. Vengono dunque individuate le condizioni ottimali alla loro espressione per riprendere in mano le redini della propria esistenza. Il fine è quello di esercitare il proprio potere decisionale e operare le scelte più consone alle proprie intenzioni e predisposizioni individuali.

Secondo R. May (Psicologo esistenziale) non esiste un’unità definitiva della personalità: l’Io non è qualcosa di immutabile e compiuto una volta per tutte (né ciò è auspicabile).L’essere umano incontra di continuo ‘soglie’, passaggi, che deve poter superare con la massima apertura e flessibilità possibile.

Come descritto dalla ‘psicologia sistemica’ la patologia induce la persona a chiudersi in un solo sistema: difficilmente potrà quindi contattare tutte le sue risorse e potenzialità. L’obbiettivo della terapia è quello di creare una ‘perturbazione’ del soggetto per consentire l’accesso a uno stato emotivo bloccato, permettere nuove possibilità, aumentare il livello d’integrazione tra le parti. L’essere umano incontra di continuo “soglie”, passaggi, che deve poter superare con la massima apertura e flessibilità possibile.

Non si tratta di eliminare i conflitti ma di trasformare quelli distruttivi, poiché le contraddizioni sono parte integrante della natura umana: gli aspetti di luce/ombra, anima/animus, maschile/femminile – come C.Jung aveva evidenziato – appartengono, in equilibri diversi, a ciascuno di noi. Il simbolo ha il potere di unire, connettere, mettere insieme dimensioni anche apparentemente opposte per giungere a una più piena integrazione; il soggetto deve riuscire a tollerare dentro di sé la tensione di aspetti contrastanti, accettandone l’ambivalenza. La dimensione simbolica richiede di interrompere il pensiero logico-razionale e passare a quello delle sensazioni e dell’intuito: nel simbolo non può esserci una sola lettura e ciò apre la mente a svariate possibilità e alternative. Si tratta dunque di tendere verso una nuova e più costruttiva organizzazione delle diverse parti di sé.

La creatività è un potente strumento che consente di convivere con il conflitto, di tollerare l’ambiguità e le contraddizioni; grazie ad essa è possibile giungere a nuove e più ampie prospettive, a una maggiore versatilità e ricettività; mediante l’intuizione si possono ricevere informazioni anche molto contrastanti e riuscire a connetterle tra loro. Plasmare in maniera creativa gli elementi della vita è una manifestazione di salute dell’individuo.

Creatività e rappresentazione

Nella Drammaterapia i percorsi di gruppo sono caratterizzati da forte dinamicità e consentono di entrare in contatto con svariate dimensioni. In essi si alternano attività a livello individuale, di coppia, di gruppo e sottogruppo.
La possibilità di mettersi in gioco è molto facilitata nei percorsi di Drammaterapia dal fatto che non è richiesta alcuna competenza specifica e non sono previste performances finali ( a meno che tutti o il gruppo desideri orientarsi in tal senso). L’aspetto estetico della messa in scena viene messa da parte a favore invece della sua efficacia in funzione dei i processi di introspezione e consapevolezza.

Secondo il “modello del ruolo” di R.Landy l’individuo nella sua vita assume di continuo ruoli (famigliari, lavorativi, sociali). Ciò che conta è la maggior differenziazione di ruoli cui può accedere e il loro livello di fissità e stereotipia. Attraverso l’attività teatrale, l’attore entra ed esce continuamente dal ruolo che può essere vissuto e osservato sia da dentro che da fuori: egli e’ contemporaneamente soggetto e oggetto dell’azione drammatica. Per realizzare la sua performance egli non diventa il personaggio che sta interpretando ma si avvicina ad esso modificando se stesso; muovendosi di continuo e in modo flessibile da una realtà ordinaria ad una realtà fantastica, attraversando un tempo reale e un tempo immaginario.

‘La realtà drammatica’ costituisce quello “spazio transizionale”, di passaggio, tra essere e non essere; ciascuno può sperimentare contemporaneamente fantasia e realtà; ciò che è proprio e ciò che appartiene a un altro; l’Io e il non-Io.

Attraverso l’attività rappresentativa diventa possibile vivere esperienze più o meno direttamente connesse alla propria realtà quotidiana; immaginare e vivere identità provvisorie, parziali e mutevoli; allargare il proprio repertorio di ruoli e abbandonare stili comunicativi e interattivi inadeguati potenziando le proprie capacità di decentramento emotivo/affettivo. Il Drammaterapeuta esamina il modo in cui il soggetto personifica un ruolo: se in maniera eccessivamente difensiva frenandone la piena espressione ( assumendolo con difficoltà o distanza eccessiva ) o, al contrario, aderendo totalmente al ruolo: egli aiuta a trovare un più “giusto” livello di ‘distanziazione’ regolando quella che viene definita la ‘distanza drammatica’.

La creatività è dettata da un’intelligenza non logica, dalla fluidità dei processi associativi: essa consente di giungere a nuove soluzioni al di fuori di quelle note, a un “pensiero divergente”( capacità di produrre una gamma di possibili soluzioni per un dato problema); di individuare percorsi alternativi a prescindere da quello che inizialmente appariva l’unica via percorribile. L’assunzione di un ruolo permette una distanza, un’estraneità che aiuta ad aprirsi al nuovo. Tutto ciò che viene detto o fatto non ha conseguenze irreversibili per la vita del soggetto: e ciò permette di sperimentarsi in svariate situazioni in un contesto protetto.

Aspetti proiettivi

Ogni forma d’arte è di per sè proiettiva. La metafora viene utilizzata sistematicamente nel processo drammatico: l ’’azione drammatica’, come ogni atto creativo, è proiettiva in sé tanto nell’invenzione di personaggi che nella personificazione di ruoli. L’attore entra nel corpo, nella mente e nello spirito di un altro (reale o immaginario). Diventa quindi possibile affrontare tematiche anche particolarmente difficili da una distanza di sicurezza.

Mediante l’immaginazione si possono attraversare dimensioni riferite a differenti livelli di realtà: queste possono essere anche molto lontane nel tempo e nello spazio o del tutto inverosimili e distanti dalla propria quotidianità. . Possono essere creati personaggi, storie e ambientazioni che paiono essere molto lontane da noi; questi possono assumere caratteristiche fantastiche e di apparente inverosimiglianza.

Tramite diverse forme simbolico/rappresentative e l’assunzione di ruoli possono essere resi manifesti non solo i conflitti intersoggettivi ma anche quelli intrapsichici, i processi difensivi, proiettivi e ‘transferali’ (parti di sé vengono proiettate sul Drammaterapeuta e su altri membri del gruppo).

Nei percorsi di Drammaterapia l’immaginazione e la spontaneità creativa vengono sperimentate ad ampio raggio anche mediante attività fortemente ludici, aperti a dimensioni insolite, persino grottesche o paradossali.

Oltre alla creazione di scene improvvisate si può lavorare sulle trame delle storie, riscrivendo alcune parti di un copione; togliendo o aggiungendo personaggi; progettando un diverso epilogo. La narrazione può dunque scaturire dall’azione drammatica anziché determinarla.

Riconnettere tutto ciò che emerge, portarlo alla consapevolezza e rielaborarlo per agganciarlo alla propria vita reale non è immediato: è un processo graduale e indiretto che necessita di un tempo di sedimentazione delle esperienze.

La Drammaterapia utilizza anche un ampio spettro di tecniche proiettive e mediatori drammatici quali marionette, maschere, immagini, foto e utilizzo di oggetti; questi possono costituire lo spunto per interazioni, improvvisazioni e rappresentazioni.

Una ‘suggestione’ esterna può essere il “tocco” necessario per aprire la strada ai contenuti emozionali da contattare: ciò può avvenire attraverso stimoli offerti da altre forme artistiche: musiche, racconti, narrazioni..miti, fiabe, dipinti.

La Drammaterapia è una disciplina flessibile, articolata ed eclettica, in grado non solo di coniugare e integrare al suo interno modelli e tecniche differenti nonchè dalle altre forme di ArtiTerapie (danza, arte, musica). Parecchi contributi inoltre arrivano dallo Psicodramma e dal Teatro Sociale.



In Drammaterapia ogni incontro e ogni percorso prevede tre fasi:

Fondazione

Questa fase è rivolta da un lato a ricontattare le sensazioni corporee connesse ai propri stati d’animo, sviluppare le capacità di auto percezione, modificare abitudini corporee automatizzate e contrazioni cronicizzate. Dall’altro a creare un contesto ludico in grado di promuovere nel gruppo un clima affettivo positivo, d’intimità, fiducia e collaborazione: ciò consente di attivare le risorse espressive di tutti. I momenti di riscaldamento, ‘warm up’ , avvengono mediante giochi fisici, mimico-espressivi e interattivi, di conoscenza e contatto, d’improvvisazione immaginativa e narrativa. A seconda dello stato energetico del gruppo possono essere proposti esercizi di attivazione (anche attraverso attività di ‘grounding’ tratte dalla Bioenergetica) o di rilassamento con respirazioni profonde per favorire lo scioglimento di tensioni. 

A volte questa prima fase è basata, più che sul movimento, su un lavoro di ‘imagery’ , di visualizzazioni guidate (proiezioni nell’immaginario con stimoli sonori e/o verbali ). Si tratta di riuscire a “staccare la spina” dalla routine quotidiana e allentare comportamenti, schemi corporei e mentali abituali. I vissuti e conflitti emotivi congelati/trattenuti nel corpo si traducono in posture, rigidità, malesseri… : liberare queste tensioni conduce ad esperienze catartiche.

Queste in Drammaterapia non consistono in un semplice training per la scarica di energie represse/accumulate: si tratta infatti di un processo di graduale autoconoscenza e autoconsapevolezza mediante progressivi ‘insight’ : questi consentono di connettere aspetti scissi, ambivalenti e anche apparentemente opposti, verso un processo di individuazione e integrazione sempre maggiore.

Le attività inoltre mirano a creare un clima di vicinanza ed empatia tra i partecipanti che consenta di mettersi in gioco in un ambiente protetto. Come nel Couseling Biosistemico il gruppo diventa il contenitore delle possibilità e potenzialità di ciascuno, in cui è concesso rischiare, e sperimentare; grazie alla ‘sospensione del giudizio’ esso diventa luogo di scoperta in cui immedesimarsi e differenziarsi dagli altri. L’apertura di ciascuno diventa garanzia di apertura per tutti; le difese, fatte di timori, imbarazzi, vergogna, possono cedere anche grazie a semplici processi imitativi.

Il Drammaterapeuta aiuta a mettere a fuoco l’intenzionalità del soggetto (o del gruppo) per focalizzare le tematiche di maggiore interesse: gli obiettivi del percorso verranno delineati mediante un ‘contratto fondativo’ esplicito che potrà eventualmente essere rinegoziato al termine dell’esperienza e prevedere cicli di incontri successivi. Facendo leva sulle proprie competenze empatiche osserva le modalità espressive, comunicative, creative preferenziali di ciascuno, i canali non verbali privilegiati o, al contrario inibiti; sulla base di questi potrà stabilire i punti di arrivo e individuare gli approcci e gli strumenti più adeguati al loro raggiungimento.

Creazione

Le esperienze corporee ed interattive creano il clima di solidarietà indispensabile per aprirsi all’ immaginazione, alla creatività e assunzione di ruoli reali o immaginari. In questa fase il gruppo passa da uno spazio ludico a un momento di ricerca creativa in cui è possibile affrontare anche elementi problematici; nel gruppo ciascuno si offre agli altri come oggetto su cui investire identificazioni e proiezioni di parti di sé. E il soggetto può rispecchiarsi e/o rifiutare di rispecchiarsi nei ruoli attribuiti. In quanto attivatore dei processi di cambiamento il Drammaterapista assume il ruolo di regista, guida e facilitatore nel far emergere le capacità trasformative di ciascuno e del gruppo nel suo insieme.
Si possono innescare graduali processi di identificazione/disidentificazione tra attori e tra attori e spettatori (ad esempio creando sottogruppi): ciò consente di liberarsi da maschere superflue (come invitava la ricerca J. Grotowski ), di rimuovere stereotipi e schemi espressivi precostituiti e automatici; di smussare quelle che in termini bioenergetici si definiscono ‘corazze caratteriali’.

Si tratta di trovare la modalità più adatta all’espressione di sé per estendere il proprio repertorio di ruoli e individuare quelli che meglio corrispondono ai propri desideri o per giungere a una migliore mediazione con le pressioni ambientali.
Il gruppo, in quanto microcosmo che riflette il macrocosmo, diventa quello che S. Pitruzzella definisce ‘agente di connessione’ tra realtà e immaginazione.

Condivisione

L’uscita dai ruoli (‘deroling’) e dalla realtà drammatica è il momento in cui è possible rielaborare il percorso e prendere consapevolezza dei propri vissuti: i partecipanti hanno modo di verbalizzarli e condividerli con gli altri. La restituzione può esprimersi anche in termini simbolici e immaginativi, con un gesto, con un segno o anche con la sola presenza, in silenzio. Il Drammaterapeuta garantisce un’adeguata accoglienza dei vissuti individuali evitando che si manifestino valutazioni, giudizi, confronti o interpretazioni. La capacità di accogliere e allargare lo spettro cromatico, accettando sfumature e sfaccettature inaspettate senza giudicare deve avvenire anzitutto dentro di sé: poiché l’attitudine a un pensiero e modo di percepire univoco, unilaterale, è il frutto di insicurezze e bisogno di appigli certi. A seconda delle situazioni si realizzano anche brevi momenti di condivisione intermedi.